giovedì 27 gennaio 2011

27 Gennaio

Il 27 Gennaio ricorre il giorno della memoria. Data scelta tra le tante possibili perchè fu proprio quel 27 Gennaio del 1945 che le truppe sovietiche entrarono in quel mondo surreale, inconcepibile e tanto lontano dai principi di umanità comuni condivisi dai nostri simili, fu proprio in quel giorno che il campo di Auschwitz venne liberato. 

Andando oltre le ideologie e le impressioni, guardando a ciò che avvenne durante il secondo conflitto mondiale in modo oggettivo, senza dubbio c'è bisogno ancora oggi, a distanza di  66 anni, di condannare quel terribile abominio. L'evoluzione tanto millantata in quel periodo storico, pubblicizzata da storici e teorici dell'epoca, si rivelò poi un abuso di sicurezze ideologiche che portò ondate di sgomento e terrore in tutto il continente europeo. Ricordare per non dimenticare quindi, che quello sfoggio di evoluzione sfociato in tragedia possa rimanere un monito saldo per tutti, per sempre. Attenzione però, non bisogna isolare l'accaduto costruendo metaforicamente delle barriere di indignazione che abbracciano solo quel periodo, in quanto anche oggi, nell'era dei social network, le discriminazioni razziali e religiose e quei campi di concentramento, sono presenti e ci perseguitano. Ad oggi quei crimini che condanniamo a distanza di 66 anni vivono in mezzo a noi, riviviamo l'incubo del monopolio dell'informazione ascoltando le "grida ironiche" di Yoani Sanchez, riviviamo quel periodo quando in fin dei conti le stellette ebraiche di stoffa sono state sostituite da etichette invisibili e che giornalmente vengono affisse ai soggetti che consideriamo diversi nelle scuole, nei luoghi di ritrovo e in tutti gli altri spazi di aggregazione. Le grida dei bambini di Aushwitz riecheggiano quando il razzismo si ripropone nelle nostre strade camuffato da perbenismo. 
Non dimenticare vuol dire contribuire a che non si ripeta più nessun tipo di discriminazione o limitazione di libertà di qualsiasi portata esse siano. I valori importati dal giusnaturalismo sono indispensabili e fondamentali per le società che si autodefiniscono evolute e civili oggi.

Dario Risuglia

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