sabato 4 dicembre 2010

L'isola che non c'è

Date le origini del nostro contesto urbano, che tra mito e storia, lo storico Tucidide fa risalire al popolo dei greci, è doverosa una premessa all'argomento che abbiamo in progetto di affrontare. 
Durante l'età classica in Grecia possiamo con fermezza individuare nella "Polis"( la cosiddetta città-stato)  la centralità di un' istituzione che nasce per un'opera di aggregazione sociale compiuta dai cittadini, i quali, la pongono davanti alla loro stessa essenza di individui. Naturale conseguenza di questa ancora primitiva struttura semi-statale fu un'evoluzione straordinaria e lo sviluppo in connessione ad essa di valori sociali e politici mai evidenziati prima in nessun aggregato umano. In concomitanza alla straordinaria evoluzione della polis possiamo notare lo sviluppo di arte, filosofia e produzioni letterarie. Furono proprio città come Atene a dare alla luce personaggi che hanno contribuito alla spinta ed alla nascita dello stato moderno come lo intendiamo noi ai giorni nostri e alla concezione di civiltà che tanto andiamo sfoggiando. 
Ma le città greche avevano in comune uno spazio fisico che ebbe la grande peculiarità di essere rappresentato nell'ideale del tempo come luogo di scambio di mercanzie, fabbrica in continuo fermento di idee, luogo in cui si realizzava in fin dei conti la massima espressione della democrazia senza ambiguità, l'"Agorà".
Come possiamo noi solo immaginare una comunità che viva senza un punto di riferimento cosi indispensabile quanto utile alla vita dei cittadini ed allo sviluppo stesso della collettività?
A Lentini eppure, è da quel maledettissimo 1 Luglio del 2007 (incendio dell'ex Lavatoio) che si sente la mancanza di un luogo di confronto in cui far fiorire le ultime virtù culturali dei cittadini, le quali devono rimanere recluse negli animi dei cittadini stessi, che nulla possono e si sentono impotenti difronte a tanta insensibilità. Come possiamo pensare di sottrarci e di risorgere dalle piaghe della nostra società se non abbiamo un luogo dove confrontarci gli uni con gli altri, se non abbiamo un luogo che riesca ad attirare i giovani solo con la forza della bellezza delle arti e della cultura, se non abbiamo un luogo dove poter comprendere meglio noi stessi e in cui poter stabilire un alloggio valido per la nostra sensibilità di uomini e di donne? Come pensiamo di risorgere dall'inerzia se non abbiamo neanche una struttura di aggregazione? E' ora che le amministrazioni ci diano una risposta valida, è ora di svegliarsi dall'assopimento mortale per anima e corpo e indagare le cause del perchè di tutto questo male alla nostra comunità. Non possiamo neanche definirci veri cittadini, in quanto sentiamo all'interno ed all'esterno che qualcosa manca perchè ci si possa sentire completi realmente già nella nostra situazione precaria a livello nazionale. Alla fine di questo articolo, vi lascio solo con le immagini di quel maledettessimo giorno, che da sole possano essere monito e motivo di riflessione.

Dario Risuglia





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1 commento:

  1. Come non condivide e sottoscrivere le tue riflessioni e come non provare indignazione e senso di smarrimento di fronte a così tanta colpevole incuria. Come non sentire rabbia e dolore, rivedendo quel tragico filmato, come non avvertire un fuoco dentro che brucia una parte importante della nostra identità, del nostro essere comunità. Le tue riflessioni e la visione di quel tragico filmato, riportano il pensiero all'ultima delle manifestazioni di confronto democratico che mi ha visto impegnato in quel ex lavatoio luogo simbolo della polis lentinese: il congresso cittadino dell'allora Circolo di Alleanza Nazionale, era il 9 Giugno del 2007. Fu l'ultima delle tante ed importanti manifestazioni tenute in quel luogo e fu l'ultimo confronto pubblico sui temi della politica . “ Costruire sviluppo tra ritardi e omissioni" era il tema di fondo del confronto, ed é sintomatico come ad un confronto sul come costruire si sia contrapposta, a distanza di pochi giorni, la distruzione: il fuoco che brucia un luogo simbolo, e, con esso la libera discussione, il confronto democratico, la condivisione di idee e di percorsi, l'essenza stessa della convivenza civile e democratica, specchio di una città che muore lentamente ed inesorabilmente. Non è forse colpevole omissione che a distanza di anni, nulla o poco sia stato pensato e realizzato e le macerie di quel luogo simbolo, siano ancora sotto gli occhi di una opinione pubblica forse un po’ distratta, e, per questo, certamente, non meno responsabile per la mancanza di quella giusta indignazione consequenziale a questa grave omissione? Perché questa città non riesce più ad indignarsi di fronte a tanto degrado? Perché non reagisce con forza? Perché non fa sentire più la propria voce? Su queste domande è obbligo riflettere per riprendere un percorso mai smesso, ma che necessita di un maggiore coinvolgimento , di nuova e necessaria linfa, di passione e volontà. Bisogna ritornare in piazza, come luogo di confronto e partecipazione, per ritrovare consapevolezza culturale, ritornare ad amare i nostri luoghi, il nostro patrimonio culturale, il nostro paesaggio , la nostra tradizione, riprendere la nostra identità, esprimere liberamente le nostre opinioni e nel confronto democratico, coniugando tradizioni ed innovazione costruire un modello di sviluppo in grado di indirizzare e dare senso di marcia ad una politica stanca , ripetitiva, fatta solo di slogan e di inutili piccoli contrasti personali, ormai priva di stimolo e non più in grado di rappresentare una popolazione che soffre in silenzio da anni. Risvegliamo le nostre coscienze impegnandoci in prima persona, partecipando attivamente, per dare stimolo ed impulso ad una popolazione disillusa, che ormai ha smesso purtroppo anche di indignarsi e che deve necessariamente ritrovare il senso della partecipazione attiva. Reagiamo a questo stato di cose assicurando il nostro impegno in prima persona alla “ Politica del bene comune” essendo ormai finita l’epoca della delega di rappresentanza, visto lo stato in cui siamo costretti a sopravvivere.

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